Nell’anno 90 a.C. l’antico territorio degli Equi venne sconvolto dalla guerra sociale o marsica, la rivolta delle popolazioni italiche contro Roma. La colonia romana di Carseoli (fondata nel 298 a.C.) venne distrutta, e i coloni superstiti si rifugiarono sul Colle Gennaro, ove si unirono ai pastori equi e formarono il primo agglomerato di capanne. La rivolta fu domata, Carseoli fu ricostruita, ma il nuovo centro continuò a vivere e prosperare prendendo il nome di Vivarium o Vivarus o Bibarum. Nome di derivazione incerta: venne attribuito probabilmente per l’abbondanza di acque che permise la creazione di un allevamento di pesce destinato a rifornire le mense dell’urbe, come parrebbe confermare il nome di Peschiera dato alla piazza centrale dell’abitato (Giovenale, nelle Satire, chiama vivaria i bacini ove si allevano i pesci). Nel V secolo d. C. l’Impero Romano venne travolto dalle popolazioni nomadi venute dall’est, la stessa Roma venne saccheggiata e il piccolo borgo di Vivaro seguì le sorti della grande madre: finì per subire il dominio longobardo divenendo parte del ducato di Spoleto, inclusa nel Gastaldato di Tora. Pochi documenti illuminano le vicende del torbido periodo che vede sorgere la civiltà feudale, quando il regno longobardo fu distrutto da Carlo Magno e la Chiesa di Roma assurse gradualmente al rango di massima potenza. Nell’XI secolo Vivaro divenne un castrum, così come si può desumere dal Registro farfense del 1010-12. Come tale, il paese fu conteso tra feudatari e potere ecclesiastico. Prima fu oggetto delle mire del conte Trasmundo; successivamente divenne pertinenza dell’abbazia di Farfa, di cui seguì le sorti nel tormentato periodo delle lotte delle investiture tra papato ed impero, tra Svevi e papa, tra guelfi e ghibellini, sino a veder sfilare sotto le sue mura l’esercito di Corradino, diretto a Tagliacozzo per lo scontro decisivo con Carlo d’Angiò.